QUAL’E’ IL TUO ALBERO? Intervista a Julia “Butterfly” Hill

Condividi!

“Pubblicato su “Vivi Consapevole” Dicembre 2010

QUAL’E’  IL TUO ALBERO?

Nel 1997 Julia “Butterfly” Hill si arrampicò su una sequoia nella foresta di Headwaters nel Nord della California e vi  rimase per 738 giorni per protestare contro  la distruzione della foresta.  Tredici anni dopo Julia ci spiega come la causa di tutti nostri mali sia una e solo una: la malattia della separazione. “Quando strappi le radici di una pianta dal suolo che le dà la Vita questa inizia a morire. Allo stesso modo il nostro mondo è iniziato a morire da quando ci siamo staccati dalla Terra; da quando ci siamo separati da quella che è la nostra Grande Madre”.

A: Julia, il mondo contemporaneo deve affrontare crisi multiple: il riscaldamento climatico, la progressiva distruzione degli ecosistemi, la finitezza delle risorse naturali. Per di più viviamo in una società dove la violenza regna sovrana, dove lo stress e l’infelicità hanno raggiunto livelli inimmaginabili fino a soli pochi anni addietro, e per finire il Terzo Mondo muore di fame. C’è una causa unica che accomuna tutte queste “disgrazie”?

J: Dopo tanti anni di lavoro sono giunta alla conclusione che il problema è in realtà uno solo come dici tu. E questo problema è una mancanza di presa di coscienza da parte della gente. Io la chiamo  “malattia della separazione”. Quando tu strappi le radici di una pianta la pianta inizia a morire. Noi umani abbiamo strappato le nostre radici di consapevolezza del fatto che siamo interconnessi ad ogni forma di vita, per cui la morte di tutte quelle forme di vita (che noi consideriamo “risorse”) è anche l’inizio della nostra morte. Non solo da un punto di vista fisico ma anche psicologico, di mancanza di gioia genuina che manca nelle nostre vite. Io credo che la causa prima sia il distacco dalla Vita, cioè dalla Natura.

A: La “malattia della separazione”…

J: E’ così. Siamo sempre più lontani dalla Natura, sempre più divisi da essa ed anche da noi stessi, da chi siamo veramente. Se tu sei lontano dalla Natura distruggi le foreste senza capire che stai distruggendo anche la tua vita. Se sei lontano dalla gente butti via cibo, lo sprechi, quando altri muoiono di fame. Butti le bombe e parli di statistiche quando quelli che muoiono sono esseri umani esattamente come te.

A: Non è difficile da capire a livello razionale, il problema è a livello emozionale?

J: Sì, perché è una cosa semplice ma lontana dalle quotidianità del nostro mondo. Prendi l’espressione “buttare via qualcosa”. Dove è “via”? Che cosa è? Un posto? Una località? Buttare “via” significa qualcosa di ben preciso: avvelenare il pianeta, il suolo, i mari. Significa avvelenare noi stessi. Siamo disconnessi dalla realtà e dalla Vita, altrimenti non butteremmo “via” o perlomeno avremmo una coscienza di questo e quindi cercheremmo di cambiare questo stato di cose.

A: A parte il discorso ambientale, c’è pure l’aspetto psicologico ed esistenziale della questione. L’essere umano non può realizzare il senso della sua esistenza nel consumo…

J: Sì, ma potremmo andare anche oltre. L’essere umano è un essere umano nell’accezione più ampia del termine. L’essere umano si realizza pienamente quando è connesso con tutti gli altri viventi e quindi con la Vita.

A: Mi viene subito spontaneo chiederti quale è secondo te la minaccia più grande per l’ambiente?

J: Non posso che confermarti che è la “malattia della separazione”. Se solo capissimo cosa stiamo facendo alla Terra, a tutte le sue forme di vita, a noi stessi, allora credo che le nostre vite, i nostri atteggiamenti e comportamenti cambierebbero totalmente.

A: Insomma, le azioni concrete, “buone” o “cattive” che siano, non sono altro che una conseguenza della visione del mondo che abbiamo, della percezione di esso?

J: Assolutamente sì. Non distruggiamo perché siamo cattivi ma semplicemente perché percepiamo il mondo e la Vita in un certo modo. Concepiamo il pianeta come un insieme di risorse a disposizione del nostro sviluppo. E questo perché siamo disconnessi da quella Terra che ci dà la Vita.

A: Partendo da questo presupposto, ritieni che il consumismo e la nostra società “usa e getta” possano essere in qualche modo trasformate e in definitiva superate? E se sì, come?

J: La cultura è fatta di persone che vedono le cose in un certo modo e agiscono di conseguenza. Per cui più gente cambierà il proprio pensiero e quindi i propri comportamenti e quindi i propri stili di vita per diventare più consapevole, più gentile, più compassionevole, più avremo la possibilità di influenzare quelli attorno a noi e così anche la cultura inizierà a cambiare. Ma non ci sono ricette magiche. Vivere in un certo modo è una scelta da perseguire con dedizione.

A: Vorrei chiederti del tuo programma “What’s your tree?” che stai portando in giro in tutto il mondo. Di cosa si tratta?

J: “What’s Your Tree?” significa trovare simbolicamente quello che è l’albero della nostra vita, cioè scoprirne lo scopo, il senso, la passione che poi ci spingono ad agire per migliorare le nostre vite a livello personale, di comunità di appartenenza e a livello globale. Parte dal presupposto che ognuno di noi ha dentro una forza incredibile che verrà fuori in maniera compiuta solamente quando riusciremo ad incanalarla in ciò in cui veramente crediamo.

A: Sei d’accordo se dico che il mondo che viviamo non è altro che un riflesso del mondo che è dentro di noi, dei sentimenti che abbiamo dentro di noi?

J: Il paesaggio esterno è uno specchio fedele di quello interno. La devastazione e la distruzione dell’ambiente accade solo perché c’è qualcosa dentro di noi che non è a posto, che ci fa soffrire. E’ evidente che non lo faremmo se sentissimo una profonda connessione con la Terra e quindi con ogni vivente. Posso garantirti che tutto l’impegno che ho messo nel diventare una persona migliore a livello personale mi ha contestualmente reso anche una persona capace in qualche modo di migliorare il mondo. Le due cose vanno di pari passo.

A: Allora come possiamo migliorare dentro di noi per avere un effetto positivo sul mondo?

J: Dobbiamo anzitutto capire che non c’è separazione. Non c’è separazione tra il dentro e il fuori, non c’è separazione tra la gente, tra le razze, non c’è separazione tra l’essere umano e il pianeta, tra il pianeta e il Cosmo… Tutto è Uno. Tutto è la stessa cosa. Il mito della separazione, quel concetto di vedere il mondo diviso, è un mito molto distruttivo. E’ una storia lunga, potremmo andare indietro migliaia di anni ma basta vedere dove siamo arrivati oggi, separati anche da noi stessi, dal nostro essere. La storia che studiamo a scuola è una storia di guerra. La storia ci insegna che gli umani sono sempre stati in competizione tra loro, con la Natura ecc. Ma non è affatto vero. Allora io credo che possiamo iniziare a vedere le cose in maniera diversa senza preoccuparci troppo di quello che pensano o dicono gli altri, chiunque esso sia. Dobbiamo ricostruire un mondo armonico o un mondo non ci sarà più.

A: A mio modo di vedere il cambiamento interiore ha a che fare soprattutto con i sentimenti, con l’amore. Oggigiorno invece nessuno parla più di amare. Parliamo di tecnologia, di economia di statistiche e ci siamo completamente dimenticati dell’importanza dell’amore, della relazioni, della nostra umanità. Quando parliamo di ambiente ad esempio, facciamo calcoli complicatissimi sul livello di inquinamento ma questo ovviamente non arresta l’inquinamento e la distruzione della Natura. Se semplicemente iniziassimo ad amare la Natura otterremmo risultati molto più significativi ed anche concreti. Come possiamo superare questa tremenda impasse?

J: Abbiamo creato un mondo che è molto bravo a fare denaro ma che al tempo stesso ci fa sentire tutti sconnessi dal nostro posto nel mondo. E qui non c’è differenza tra ricchi e poveri. Molta gente è milionaria grazie a prodotti che sono estremamente negativi per noi e per il pianeta. Purtroppo è difficile per una persona riuscire a cambiare questo atteggiamento distruttivo, soprattutto in una società che è su questo tipo di atteggiamento è stata costruita. E’ proprio per questo che bisogna ripartire da certe cose come l’amore. L’amore è quella cosa che mi dà il coraggio di essere me stessa e di lottare per le cose in cui credo.

A: Che rapporto c’è tra spiritualità ed attivismo?

J: Il mio attivismo è una scelta di vita che considero come qualcosa di sacro, di molto spirituale. La scelta di dedicare la mia vita al servizio del pianeta e della gente è molto profonda e necessariamente abbraccia entrambi gli aspetti. Quindi credo che le due cose siano strettamente interconnesse.

A: La paura è il primo mezzo di controllo della popolazione. Abbiamo paura dei terroristi, della crisi economica, abbiamo paura del diverso, abbiamo paura di cambiare. Avere paura significa in realtà avere paura di vivere. Come si supera la paura?

J: C’è un bellissimo modo di dire in inglese: ci sono solo due emozioni nella vita. Una è la paura e l’altra è l’amore. Vince quella che noi nutriamo quotidianamente. Se nutriamo la paura, questa crescerà. Se nutriamo l’amore, crescerà l’amore. Funziona esattamente come un muscolo. Il muscolo che cresce è quello che tu alleni e più lo alleni più cresce. Per superare la paura devi esercitare, con piena coscienza e quotidianamente, il muscolo dell’amore. Non è difficile, lo può fare chiunque, ma ci vuole costanza, impegno e dedizione assoluta.

A: Dicci qualcosa del periodo che hai trascorso su “Luna”. Ho letto da qualche parte che su di lei hai “sentito” con tutto il tuo essere la sua forza vitale e hai capito intimamente che gli alberi sono vivi esattamente come noi…

J: La Vita è in comunicazione continua. Significa che ogni forma di vita comunica costantemente con ogni altra forma di Vita. Purtroppo l’uomo moderno, staccandosi dalla Natura, non sa più ascoltare la Vita. Quando vissi per 738 giorni su “Luna”, senza distrazioni di sorta, che fosse andare a fare shopping, guardare  la tv, andare al cinema, ho iniziato, anzi riiniziato ad ascoltare la Vita con tutti i miei sensi. Non si fugge da questo. E’ qualcosa che è dentro di noi.

A: La Natura è dentro di noi…

J: Assolutamente sì. E’ parte di noi. Ma non sappiamo più ascoltarla perché l’abbiamo allontanata dalle nostre vite. E se gradatamente le daremo lo spazio che merita, se la rimetteremo al centro delle nostre vite, capiremo subito, naturalmente, spontaneamente, di cosa abbiamo bisogno per vivere vite felici, sane, dense di significato. E sarà quello, con grande semplicità, il grande contributo che daremo al mondo.

Condividi!