Intervista “Spirito Libero Magazine”

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Caro Andrea, “Pura Vida” è il tuo terzo libro, quindi posso presentarti ai lettori di “Spirito Libero Magazine” come uno scrittore o preferisci definirti diversamente?

Francamente non mi piace definirmi scrittore. Se sei uno scrittore sei schiavo di un cliché e l’essere umano è nato libero e così deve vivere o almeno provarci. È limitativo, e secondo me anche offensivo, definire un essere umano per la propria occupazione: il direttore di banca, l’ingegnere o qualunque altra cosa. Quindi io un po’ scrivo, un po’ sono contadino, un po’ viaggio… ma soprattutto vivo. Penso di potermi definire, almeno come aspirazione, uno spirito libero.

Il titolo del tuo libro mi ha subito attratta… Qual è il suo significato più profondo?

Pura Vida è il tipico saluto come in Italia si dice ciao. Ma più in generale è una filosofia di vita molto particolare e anche piuttosto lontana da noi. Indica un vivere quieto e sereno, senza grandi preoccupazioni. Con le dovute eccezioni ovviamente, si può affermare che i ticos (nomignolo per i costaricensi) sono generalmente contenti, non si lamentano, non vivono la vita come fosse un accidente come facciamo noi in Occidente. Non sono esuberanti come altri popoli latino americani ma piuttosto tranquilli e in pace. Sono abbastanza unici devo dire.

Come è nata la passione per la Costa Rica? Se non sbaglio ti dividi tra l’Italia e il Centro America e hai scelto che le tue figlie nascessero proprio in Costa Rica…

Ci sono capitato la prima volta nel 2000 casualmente e ad essere sincero non mi ha colpito particolarmente. Sai, io sono sempre stato attratto da posti un pochino più turbolenti mentre Costa Rica è piuttosto tranquillo. Poi durante un altro viaggio, mia moglie era già incinta di 4 o 5 mesi, ci siamo detti… perché non far nascere la bimba qui? Non ci abbiamo pensato su più di tanto. Lo abbiamo detto e lo abbiamo fatto. E l’esperienza è stata così bella che l’abbiamo ripetuta con la seconda bimba.

Mi piace la forma con cui hai scritto il libro: brevi racconti “on the road” come piccoli assaggi, piccoli pezzi di un puzzle a volte leggeri e divertenti, altre volte colmi di riflessioni e messaggi importanti. Puoi parlarcene?

Beh, in tutta onestà non saprei cosa dirti, nel senso che non c’è stata nessuna ricerca o programmazione stilistica da parte mia. Sono appunti che poi ho ovviamente riordinato per renderli presentabili… Anche perché se vedi i miei quaderni di viaggio ti domandi come da quelle pagine scarabocchiate, scritte camminando o su bus che percorrono strade piene di buche ecc… beh, ti domandi come da quelle pagine si possa poi trarre il materiale per un libro. Però a parte questo riconosco al libro un grande merito: è assolutamente autentico. È soprattutto un libro di emozioni, di curiosità, di amore per un’umanità ancora altra; e credo che questo traspaia.

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