“EAARTH – Una nuova Terra” Intervista a Bill McKibben – Pubblicato su “Vivi Consapevole”

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“Eaarth”, una nuova Terra”

La nuova Terra-a dell’ultimo libro di Bill McKibben non è quel meraviglioso pianeta del quale abbiamo goduto per tempo immemore, ma piuttosto un nuovo, difficile mondo, che si difenderà dall’attacco portatogli dalla specie umana. McKibben prova a suggerire cosa possiamo fare per inventarci una vita forzatamente diversa su questa nuova Terra. 

Nel 1989, a soli ventisette anni di età, Bill McKibben scrisse “The End of Nature”, una pietra miliare per la vasta galassia del movimento ecologista. L’autore argomentava che se non avessimo arrestato il nostro stile di vita consumista e trovato immediate alternative all’utilizzo dei combustibili fossili, la Terra avrebbe conosciuto trasformazioni così profonde da trasformarsi in un nuovo, differente (e difficile) pianeta. Secondo McKibben questa trasformazione sta ora avvenendo sotto i nostri occhi, ma oramai non c’è più tempo per recuperare la situazione, e allora, giocoforza, è meglio pensare a come far fronte a questo nuovo mondo. Vediamo come.

 

Buongiorno Bill, l’ultima volta che ci siamo sentiti eri a

dovrebbero essere impegnati in questa

Copenaghen per il vertice e ricordo che eri piuttosto pessimista sulla situazione. Sono curioso di sapere se è stato lì che hai pensato che forse aveva più senso prepararsi per la nuova Terra-a, piuttosto che cercare di salvare un pianeta che a questo punto non può più essere salvato.

Ma no. Tu sei addirittura più pessimista di me. Sono ancora impegnatissimo per trovare soluzioni per arrestare il riscaldamento globale. Be’, fermarlo forse no. Diciamo rallentarlo. Come 350.org abbiamo come obiettivo riuscire a mantenere il riscaldamento globale entro i 2°. Questa è la nostra speranza. Altrimenti si parla di 4-5° che è qualcosa di inimmaginabile; parleremmo di un pianeta in cui la presenza umana non è virtualmente contemplata.

Cosa puoi dirci del tuo nuovo libro dal titolo “Terra-a”? Quali suggerimenti dai per far fronte ad un pianeta che sarà molto differente da quello che conosciamo?

Terra-a si concentra soprattutto su quei cambiamenti giganteschi che sono già in atto come lo scioglimento dei poli artici e l’acidificazione degli oceani. Afferma senza mezzi termini che non sarà possibile superare in maniera indenne tali danni e che oramai abbiamo raggiunto i limiti naturali alla crescita ipertrofica. La conclusione è che la sola alternativa possibile alla crescita è una decrescita direzionata verso economie meno monetarie, più locali e quindi più resilienti.

Nella mia visione del futuro ci sono piccole comunità, piccole città tendenzialmente autarchiche. In questa ottica i nostri sforzi dovrebbero andare verso la ricostruzione della comunità e del senso della comunità.

Sono d’accordo. “Comunità” sarà la parola al centro del nostro futuro. Però anche qui dobbiamo distinguere. Non possiamo isolarci. Dobbiamo essere in costante contatto, il che non significa mandare prodotti da un posto all’altro, ma idee, cultura, solidarietà, quelle sì.

Economie locali e autocentrate è dunque la parola chiave?

Economie locali significa enorme riduzione di produzioni su larga scala, di utilizzo di risorse, di trasporti ecc. Non so se sarà la chiave per un futuro sostenibile ma sarà necessaria e inevitabile.

Come può una società che vede l’individualismo come un pregio capire che quello è in realtà un grande problema?

Ho scritto dell’iperindivdualismo dominante la società moderna per anni e credo sia uno dei tratti più tragici della nostra cultura. Promette di farci felici ma realizza l’esatto opposto. Siamo animali sociali fatti per relazionarci. Tra di noi e non con degli oggetti. Per rispondere alla tua domanda penso che dobbiamo avere consapevolezza o forse trovarci nella tragedia per capire che con l’individualismo non si va da nessuna parte.

Tu sei il fondatore di “350.org” Cosa puoi dirci del movimento e perché questo numero è così importante.

Facciamo informazione e pressioni per diminuire le emissioni di Co2 in atmosfera. Essenzialmente siamo un movimento che lotta contro l’industria del petrolio e dei combustibili fossili in generale. Per quanto riguarda il numero, come dico sempre, dobbiamo capire che 350 è il numero più importante del mondo. Infatti un team della Nasa capeggiato dal Dottor James Hansen, ha dimostrato che sopra le 350 ppm (particelle per milione) non è possibile la vita umana sul pianeta. Perlomeno una vita umana come quella civilizzata che conosciamo. Abbiamo costruito il movimento, raggiungendo una visibilità e un coinvolgimento straordinari, sull’importanza di questo numero. La Cnn ha detto che “350” detiene il record per “l’azione politica più grande nella storia del mondo”, con 7400 manifestazioni contemporanee in 188 Paesi.

Quale era il livello delle ppm prima della Rivoluzione Industriale e a che livello siamo oggi?

Era 275. E oggi siamo a 390 ppm, con un incremento di circa 1-1,5 all’anno. Quindi questo numero non è un problema futuro ma una drammatica emergenza presente.

Il movimento “350” enfatizza molto l’importanza di affrontare il riscaldamento globale a livello politico. Onestamente io credo che la politica sia parte del problema e non della soluzione. Credo che faremmo meglio a dedicare meno tempo ed energia alla politica, cercando soluzioni a livello individuale e locale, di comunità. La mia idea è vicina a quella delle Transition Towns.

Penso che l’una non debba escludere l’altra. Le Transition Towns sono qualcosa di grande valore e collaboriamo con loro. Ma non possiamo arrestare o diminuire le emissioni una città alla volta. E se non controlli le emissioni, non puoi fare una transizione degna di questo nome. Ad esempio, in Vermont dove vivo io potremo probabilmente fare una buona agricoltura anche con un aumento di 1 o 2° ma 4 o 5°? Io credo che, ci piaccia o meno, dovremo confrontarci con la politica.

Ma un sistema complesso e centralizzato come il nostro non è un problema?

Lo è. Ma abbiamo queste carte in mano e con queste dobbiamo giocare.

Tu dai la colpa del riscaldamento globale ai combustibili fossili. Non credi che dovremmo superare questa idea, anche se giusta, e riconoscere che dovremmo semplificare enormemente il nostro quotidiano a livello di massa? Altrimenti per la persona comune, parlare di emissioni e di combustibili fossili suona come un qualcosa di troppo lontano.

Questo è vero. Però è altrettanto vero che i combustibili fossili rappresentano anche quel primo passo che ci ha portati al consumismo. Non dimenticare che la nostra vita è cambiata, e il riscaldamento globale è iniziato, come conseguenza di un’energia supereconomica derivante dai combustibili fossili, che ha permesso l’enorme sviluppo che conosciamo oggi. L’energia che viene dal sole e dal vento ad esempio, per proprie caratteristiche intrinseche, è meno adatta al gigantismo e ad essere trasportata sulle lunghe distanze. E’ molto più adatta al locale.

Perché è così difficile abbandonarli (i combustibili fossili). Per interessi economici, politici o entrambe le cose?

E’ il business più redditizio al mondo. E questa cosa “compra” molta politica. Aggiungici un’inerzia, anche naturale se vogliamo, da parte di tutti noi comuni mortali ad abbandonare la vita che facciamo. Diciamoci la verità: è dura abbandonare certe abitudini.

Nel tuo libro “Maybe One” (“Forse uno”), sostieni la necessità imprescindibile della riduzione della popolazione mondiale. Per quanto ovviamente non si può non essere d’accordo con questo, a me pare che il riscaldamento globale, l’acidificazione degli oceani, l’esaurimento delle risorse, ecc, sia da addebitare allo stile di vita industrializzato e consumista dell’occidente più che al numero in sé della popolazione mondiale. Cosa ne pensi?

Penso che hai ragione. Credo che dobbiamo assolutamente diminuire i nostri consumi e ridimensionare i nostri stili di vita ma credo anche che ci sono posti dove, soprattutto nel loro interesse, vada ridotta la natalità.

Negli ultimi tre anni ci sono state rivolte per l’aumento del costo del cibo in più di 40 Paesi al mondo. A me pare che questo sia un segnale chiarissimo di cosa ci attende nel prossimo futuro. Cosa pensi che si dovrebbe fare e cosa dovrebbero fare i governi?

La prima cosa da fare è di contenere le emissioni al fine di stabilizzare la situazione climatica il più possibile prima che impazzisca definitivamente, il che avrebbe ovvie ricadute negative sulle produzioni agricole. Poi dovremmo riflettere sull’agricoltura industrializzata e se ha un senso o meno. Io credo abbia un potenziale di crollo enorme; un po’ come le banche prima della crisi dei subprimes. Dovremmo dirigerci da subito verso un’agricoltura più sostenibile e locale e dunque più resiliente; ovviamente i governi dovrebbeo essere impegnati in questa transizione verso un’economia, ed un’agricoltura in primis, più ridotta e più locale.

Sostieni che il mondo che verrà sarà senza combustibili fossili. E come sarà?

Profondamente diverso da quello che conosciamo. Credo che senza gli effetti omogeneizzanti generati dall’utilizzo di petrolio, carbone e gas naturale, ci saranno enormi differenze da posto a posto. Una diversità culturale e credo anche una biodiversità, estremamente positive di per sé. Questo potrebbe e dovrebbe anche generare un mondo più consapevole degli errori fatti nel passato e quindi meno ossessionato dalla crescita e più interessato alla sostenibilità nel lungo periodo.

La maggior parte della gente crede di fare abbastanza spegnendo le luci, riciclando o mettendo un pannello sul tetto. Per come la vedo io queste azioni sono del tutto insignificanti e soprattutto ci fanno sentire in pace con la nostra coscienza, permettendoci così di continuare con il nostro stile di vita che è il vero problema. Cosa pensi?

Sono d’accordo. Cambiare le lampadine con lampade  a basso consumo è come fare un po’ di riscaldamento prima di correre una maratona senza esserti allenato. E’ giusto farlo, ma se non ti alleni la maratona non  la vinci di sicuro perché hai fatto un buon riscaldamento.  

Hai mai pensato che forse tutto questo parlare di cambiamento climatico possa generare paura e contestualmente inibire la gente dall’azione?

Potrebbe essere, ma siamo adulti e credo che sia giusto e doveroso parlarci seriamente dicendo le cose come stanno.

C’è un grande entusiasmo  sul potere salvifico di internet e della tecnologia in generale. Io credo invece che sia l’internet che la tecnologia non facciano altro che disconnetterci, allontanarci sempre più dalla realtà e dalla Natura. Voglio dire magari si usa internet per organizzare una manifestazione in tutto il mondo contro il global warming e raccogli cento milioni di persone. Ma se quei cento milioni di persone piantassero piuttosto cinque alberi a testa, avremmo cinquecento milioni di alberi in più, e l’aiuto alla lotta al global warming sarebbe ben più efficace. Non trovi?

In linea di principio è giusto quello che dici perché si corre il rischio di andare a manifestare o si passano ore davanti ad un computer e poi alla fine tutto prosegue come prima. Però se pensi ad esempio ai recenti sommovimenti in Tunisia, Egitto ecc., lì sappiamo che internet è stato di grande aiuto per quelle popolazioni. Viviamo in questa era e internet è uno degli strumenti di questa era; credo sia impossibile non utilizzarlo. Facciamolo nella miglior maniera possibile e con la consapevolezza che poi la vita reale è un’altra cosa.

Da quando “La fine della Natura” fu pubblicato, ritieni che ci sia stata una presa di coscienza più profonda dell’importanza della Natura nelle nostre vite oppure no?E se no, perché?

Purtroppo la risposta è no. Ma la speranza è l’ultima  a morire.

Francamente vivo in maniera negativa tutti questi appelli sul riscaldamento globale, sulla fine delle risorse ecc. Il cambiamento non dovrebbe essere stimolato dalla paura ma dall’amore: amore per la Natura, per l’essere umano e per le altre specie viventi ecc.

Non saprei che dirti. Il mio metro di giudizio è la verità. Quello che viene detto è vero? Allora è bene scriverne, discuterne, diffonderlo.

Non credi che un vero cambiamento possa originare solo da posizioni filosofiche come quella dell’Ecologia Profonda ad esempio?

Credo che il cambiamento possa venire da una moltitudine di posizioni filosofiche. Il biocentrismo è una, ma un’altra può essere una posizione teocentrica. E al limite può anche venire da una posizione antropocentrica, perché se credi davvero nell’importanza della specie umana, fai di tutto per salvarla.

Tu parli abbastanza spesso anche di vegetarianesimo. A parte la questione etica, quanto è importante un’alimentazione vegetariana nella lotta al riscaldamento globale?

Si è sempre detto che è importantissima. Però ora nuove ricerche sostengono che una rotazione di piccole mandrie di animali produce suoli ricchissimi di materia organica e quindi in grado di catturare grandi quantità di anidride carbonica. Una cosa è sicura: gli allevamenti industriali sono una mostruosità da tutti i punti di vista e devono finire.

Chiedo sempre ad ogni persona “come si cambia dentro per portare il cambiamento fuori”. Tu cosa mi rispondi?

Crescere. Vedere la vita come un percorso di crescita. A venti sei una persona, a quaranta un’altra, a sessanta un’altra ancora. Se vivi la vita come un percorso di crescita personale credo che questo abbia anche buoni effetti sul mondo fuori.

Quale messaggio vuoi dare ai lettori di “Vivi Consapevole”?

Vorrei invitare tutti i lettori ad essere coinvolti con “350.org”. Ve ne saremmo grati. Non possaimo garantirvi che vinceremo questa lotta al riscaldamento globale, lotta che è bene non dimenticarlo è fondamentale per il nsotro futuro sulla Terra, ma che lotteremo fino in fondo, quello sì.

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