“Letta, l’esultanza, la realtà” di Marco Della Luna

Le vittorie di Letta sono quantitativamente insignificanti e servono a non parlare dei vizi strutturali macroeconomici dell’Eurosistema

Letta esulta. Dal potere europeo ha ottenuto 1,5 miliardi la settimana scorsa, spendibili in 2 anni dal prossimo gennaio; e ieri altri 7 miliardi in cofinanziamento, cioè 3,5 messi dall’Italia e 3,5 messi dall’UE, però con soldi dei contributi italiani, grazie a una deroga al plafond del 3% di disavanzo pubblico.

Sostanzialmente si tratta, quindi In tutto, cioè, per il 2014, dell’autorizzazione a spendere soldi quasi tutti nostri per un importo di circa 7,75 miliardi, pari a meno dell’1% della spesa pubblica complessiva, a meno dello 0,5% del pil, a meno del 50% da meno del 20% di quanto l’Italia ha versato nel MES, a meno del 3% dei capitali italiani fuggiti all’estero sotto l’azione del governo Monti, a circa lo 0,7% della svalutazione del patrimonio immobiliare nazionale durante governo Monti, a circa il 25% del calo del pil previsto per quest’anno. Ma Letta esulta e nei sondaggi cresce: l’impatto psicologico è soggettivo e non risponde ai numeri oggettivi. E opera sull’immediato, non tenendo conto delle scadenze di autunno: ammortizzatori sociali, F35, ondata di licenziamenti, legge di bilancio, etc.

Altro dato socio-psicologico: governo e mass media codificano simili successi in questi termini: siamo stati obbedienti al modello economico-finanziario dominante e alla conseguenti prescrizioni dell’Autorità, quindi il potere effettivo ci premia permettendoci di spendere di più (dei nostri soldi) e dandoci da spendere un po’ di soldi suoi (una piccola parte quelli che le avevamo versato noi). Una visione, quindi, paternalistica, nella quale vi è appunto un’Autorità ontologicamente nel vero e nel giusto, ontologicamente legittimata, che ci insegna come funziona l’economia, che ci dice come dobbiamo fare, che ci punisce se non obbediamo, che ci premia se obbediamo (compiti a casa) – peraltro il premio consiste nel lasciarsi usare i soldi nostri o nel renderci un po’ di quelli che le abbiamo dati. In questa visione, di tipo autoritario, antiscientifico e dogmatico, non è previsto che si verifichi se il modello economico-finanziario adottato sia stato confermato o smentito dai fatti e se e le ricette prescritte abbiano avuto gli effetti promessi oppure siano state smentite. Quello che conta è il rapporto di approvazione-disapprovazione con l’Autorità, non di successo-insuccesso con la realtà.

La visione scientifica e laica è opposta: non esiste alcuna Autorità a priori (al di sopra dei fatti), invece si mettono a confronto i diversi modelli economico-finanziari delle diverse scuole, e si controlla, nel breve, medio e lungo periodo, le conferme e le smentite che i dati di fatto hanno dato a ciascun modello. Al medesimo modo, si prende il sistema finanziario adottato nell’Eurozona con le sue regole e policies, e si controlla che effetti ha avuto nella realtà sui vari paesi e sui vari comparti, in termini di andamento e tendenza del pil, del debito, di occupazione, di domanda, di investimenti, di bilance commerciali, di convergenza tra i sistemi-paese, etc., e si accerta se e quanto funziona, chi avvantaggi, chi svantaggia, se è sostenibile, etc. Se non ha funzionato, se ha causato danni, tendenze nocive, maggiori divergenze, allora obbedirgli è stupido, va cambiato o abbandonato.

L’adozione dell’Eurosistema, ossia di un sistema di cambi fissi tra i paesi aderenti, mantenendo separati i loro debiti pubblici e stabilendo che questi dovessero essere finanziati sui mercati speculativi globali, territorio di caccia di pochi grandi gruppi privati sovranazionali, che li manipolano, poneva un problema ovvio e gigantesco: come compensare gli sbilanci delle partite correnti tra i paesi membri, dato che i meno efficienti avrebbero importato di più ed esportato di meno, finendo per indebitarsi verso quelli più efficienti, cioè finendo per dover pagare loro flussi di interessi notevoli, il che avrebbe peggiorato ulteriormente la loro efficienza e competitività, in un avvitamento letale – che è ciò che stiamo vivendo in Italia. Oltre al fatto che i paesi debitori non hanno potere negoziale, il quale invece si concentra in mano ai paesi creditori, dando così a questi l’egemonia sulle strutture comuni e il modo di usarle sempre più nel proprio interesse a spese dei paesi debitori.

Nella federazione nordamericana, cioè negli USA, questo problema è stato risolto grazie a un unico bilancio federale, a un debito pubblico unico e comune di tutti gli Stati federati, e a un’autorità centrale che trasferisce gli attivi, gli avanzi, del commercio intestate dagli Stati in attivo a quelli in passivo, attraverso la spesa pubblica, e impedisce il default dei singoli Stati.

In Europa ciò è mancato, non è stato fatto, ed è il più importante dei difetti, la causa primaria del malandare. E ovviamente non se ne parla all’opinione pubblica. E non si fa nulla per correggerlo nelle sedi europee. Letta esulta, ma non dice che, sul piano macro, non vi è stata, per compensare gli squilibri delle partite correnti entro l’eurozona, l’ammissione dell’interdipendenza organica tra gli euro-paesi con l’istituzione di un euro ministero federale delle finanze che compensasse gli squilibri imponendo ai paesi con notevole e strutturale avanzo di reinvestirlo, in parte, nei paesi con disavanzo, e di neutralizzarlo, in parte, mediante l’aumento della domanda interna. Vi è stata, invece, la diabolica scelta – diabolica perché divisiva, contrapponente – da parte della Commissione europea, di stabilire che sono accettabili (e non si deve intervenire) disavanzi delle partite correnti fino al 4%, ma surplus fino al 6%! Così la Germania è stata in reagola mentre, anno dopo anno, comprimendo i salari e la spesa pubblica, accumulava avanzi su avanzi, crediti su crediti, negli scambi intra-euro, con pari accumularsi di disavanzi e debiti e maggiori interessi passivi a crico dei paesi periferici, fino agli attuali scompensi critici.

In Europa vi è stata, conseguentemente al rifiuto di riconoscere l’interdipendenza economico-finanziaria, l’imposizione del principio “ciascuno per sé faccia i compiti a casa”, ossia che chi è in disavanzo di partite correnti debba e possa pareggiare (procurarsi denaro) solo offrendo alti tassi e tagliando i salari per competere nelle esportazioni, mentre i paesi già competitivi aumentano la loro competitività grazie all’afflusso dei capitali in fuga dal fisco e dall’instabilità e dalla recessione dei paesi deboli, e al conseguente minor costo del denaro . E ciò ha diminuito e sta diminuendo sempre più la competitività del sistema-paese Italia, perché genera una spirale negativa, implosiva, di tassi-tasse-tagli-decrescita-deflusso dei capitali-demonetazione-credit crunch-insolvenze. Mentre aumenta l’indebitamento dell’Italia e degli altri paesi periferici verso i paesi euroforti. Nonché l’emigrazione nella medesima direzione oltre che verso altri paesi extra-euro che si difendono grazie al mantenimento di una certa autosufficienza monetaria, come Regno Unito, USA, Giappone, Cina.

E di questo perverso meccanismo macro BCE, Commissione, FMI. il governo e i partiti non vogliono proprio parlare né che si parli. Il fatto che il governone Letta non apra questa discussione, che è quella che conta, in sede europea, ma si accontenti di più flessibilità e di qualche premio di buona condotta da parte dell’Autorità europea, lo palesa quale inutile arca di Noè della partitocrazia parassitaria la quale, pur essendo causa essenziale del male nazionale, continua a millantarsi, all’interno, come soluzione di quel male per non mollare colli e poltrone. E a offrirsi, all’esterno, come garante degli interessi del capitalismo straniero sul nostro paese.

“L’economia della felicità” di Helena Norberg-Hodge (con un mio breve commento finale)

“Ogni governo ha sostenuto le grandi banche, i grandi business e le corporation internazionali a scapito delle economie nazionali, regionali e locali. Questo principio è il cuore di quello che io penso sia sbagliato. Le grandi corporation e le grandi banche straniere non possono rispondere ai bisogni delle persone del Paese e del territorio. Abbiamo bisogno di cambiare direzione per agire a favore sia delle imprese che delle banche entro i confini della nostre politiche, entro quelle strutture visibili, dove facciamo business responsabile e che quindi possono essere regolate. Abbiamo bisogno che la società operi dal basso!” Helena Norberg-Hodge

Il Passaparola di Helena Norberg-Hodge, fondatrice e direttrice del ”International Society for Ecology and Culture” (ISEC) e vincitrice del Right Livelihood Award

“Sono veramente onorata di essere associata al MoVimento 5 Stelle in Italia.Questo MoVimento sta diventando un’ispirazione per tutto il mondo. Da un giorno all’altro voi state mostrando cosa può fare il potere della gente, se ci concentriamo a lavorare insieme piuttosto che agire isolati secondo il comportamento consumistico con cui noi dovremmo “salvare l’economia”, “salvare l’ambiente”, “salvare posti di lavoro”. Possiamo fare davvero tanto a livello locale e se cominciamo a creare collegamenti in tutto il Paese possiamo cambiare il corso della Storia. Il MoVimento 5 Stelle sta ispirando tutto il mondo.
Dal mio punto di vista, e dal punto di vista del mio Istituto ISEC, è cruciale diffondere quella che io chiamo alfabetizzazione economica. Questa è la chiave per comprendere che ogni governo ha sostenuto le grandi banche, i grandi business e le corporation internazionali a scapito delle economie nazionali, regionali e locali. Quasi dall’inizio dell’economia moderna percorriamo questa strada basata sul principio dei vantaggi competitivi ossia: “non è nel tuo interesse produrre per i bisogni del tuo paese o della tua regione, invece è nel tuo interesse specializzarti per le esportazioni”. Questo principio è il cuore di quello che io penso sia sbagliato. Credo che ci sia stata buona fede, ma cieca, una cieca buona fede.
Le grandi corporation e le grandi banche straniere non possono rispondere ai bisogni delle persone del Paese e del territorio. Abbiamo bisogno di cambiare direzione per agire a favore sia delle imprese che delle banche entro i confini della nostre politiche, entro quelle strutture visibili, dove facciamo business responsabile e che quindi possono essere regolate. Questa è una distinzione molto importante perché possiamo andare sia oltre il socialismo e il comunismo, sia oltre il capitalismo delle corporation. C’è un sentiero dove la creatività, la creazione di profitto, gli interessi, possono funzionare in modo giusto e creativo purché queste strutture siano più a misura d’uomo, responsabili e visibili.
Abbiamo bisogno che la società operi dal basso, secondo quello che noi chiamiamo il principio di sussistenza per cui ogni Regione dovrebbe produrre la maggior parte del grano, del latte, del formaggio, delle verdure. I principali alimenti base del fabbisogno quotidiano devono essere localizzati e decentralizzati. Per facilitare la localizzazione del business responsabile e visibile, è molto importante anche studiare il movimento per il cibo locale che è cresciuto rapidamente, in particolare in America, Inghilterra, Australia. In molti casi i contadini hanno passato la loro vita a produrre un solo prodotto per mercati lontani vendendo a supermercati. C’era intensa pressione per produrre solo una o due cose ma per avere dimensioni standard, forme standard, prodotti standard che si adattino alle macchine per il raccolto, per il trasporto, per l’imballaggio, che si adattino agli scaffali dei supermercati. E ogni volta l’ingegneria genetica con i semi ibridi assicurano che l’obiettivo è il profitto per gli investitori stranieri, e non sul cibo salutare e nutriente per le persone.
Il risultato finale è stata l’economia del cibo più inefficiente che si possa immaginare. Oggi abbiamo una situazione in cui, in tutto il mondo, il latte e il burro dell’altra parte del mondo costa meno del latte e del burro locale. Questo è un trend universale. I governi hanno incoraggiato, a causa delprincipio del vantaggio competitivo, la costruzione di una infrastruttura globale a spese delle infrastrutture locali, una deregolamentazione del movimento globale delle merci e dei capitali, mentre hanno sovra-regolamentato a livello nazionale e locale. Gli attori locali non hanno possibilità di competere con questi monopoli di fatto che ricevono soldi delle nostre tasse e fanno profitti con il cibo proveniente da lontano mentre noi “uccidiamo” i nostri contadini. L’intera infrastruttura locale, tutte le persone coinvolte nell’economia del cibo vengono distrutte. La stessa cosa accade con i materiali da costruzione: quasi ovunque si trovano materiali prefabbricati altamente tossici. Alluminio e plastica hanno sostituito il legno, la pietra, il fango, cioè i materiali da costruzione che abbiamo impiegato per migliaia di anni. E ci viene detto che questi nuovi materiali sono meno costosi. Ma non lo sono! Ci costano tantissimo in termini di estrazione dei minerali, dell’enorme quantità di energia che richiedono e di trasporto, dato che sono prefabbricati da grandi industrie e trasportati per mare in tutto il mondo. Nel frattempo gli stili architettonici con cui le persone costruivano la casa a seconda che ci fosse molta pioggia, o neve, freddo, o caldo, stanno scomparendo a vantaggio dei blocchi di cemento con plastica e alluminio, materiali prefabbricati. Queste non sono economie di scala, sono economie in cui prevale l’egemonia del grande e del globale, a discapito delle economie locali e nazionali di tutto il mondo. Perciò, il lavoro, i mestieri, la conoscenza che permette di costruire le case e coltivare cibo in maniera legata al clima e alla produzione diversificata, la pesca, la silvicoltura, il modo con cui otteniamo i nostri tessuti, tutto questo è stato distrutto anche dalla maniera in cui noi istruiamo i nostri giovani a lavorare, ad essere individui economicamente produttivi.
Il punto di forza del movimento per l’economia locale è che dobbiamo iniziare a osservare da due punti di vista: da quello delle iniziative delle comunità e da quello dei cambiamenti politici. Se cominciamo a muovere alcune delle nostre tasse e a riformare i regolamenti verso un cambiamento di direzione, vedremo un cambiamento molto velocemente. Lavoreremo con i bisogni delle persone che ovunque vorrebbero avere le capacità per fare un lavoro produttivo, risponderemo al bisogno di riconnetterci alle nostre comunità, alle nostre regioni, ricostruire quel senso di interdipendenza e identità comunitaria. Ricostruire quel senso di identità è infatti la maniera più importante per ridurre la rabbia, la violenza, frustrazione, lo stress, la depressione epidemica che sta crescendo in tutto il mondo. Questa è la strategia vincente e spero che il MoVimento 5 Stelle si unirà alla nostra battaglia per la localizzazione.
Per noi la localizzazione è l’economia della felicità perché aiuta il nostro sé interiore, la nostra interiorità psicologica e spirituale, e ci permette di riconnetterci con il mondo vivente attorno a noi. Per non essere isolati in alte torri a guardare schermi, senza sapere nulla del terreno sotto i nostri piedi, delle piante attorno a noi, per riconnettersi con la vita. E’ stato dimostrato in innumerevoli terapie che le persone dei Paesi industrializzati soffrono di alcolismo, violenza, abusi, droga. La costruzione di comunità e la consapevole connessione con la natura, con gli animali, con le piante, la vita, questo è ciò che porta di nuovo gioia e felicità.
Una transizione economica verso la localizzazione è il percorso strutturale verso un’economia della felicità. “

Conosco Helena Norberg-Hodge da anni, da quando casualmente incontrai quel meraviglioso libro che è “Il futuro nel passato” (tesi che è alla base del mio pensiero). L’articolo è stupendo come ogni suo scritto. Un appunto però. Helena pecca di ingenuità, e di non poca ingenuità, quando scrive, criticando l’attuale sistema e i padroni del vapore che lo dirigono: “Credo che ci sia stata buona fede, ma cieca, una cieca buona fede”. Questi personaggi qua sanno invece benissimo cosa stanno facendo. Fanno quel fanno e lo fanno con una determinazione ed un cinismo del tutto inconcepibili per un essere umano normale. Sono dei cinici mascalzoni, o per dirla come effettivamente è, dei cinici assassini responsabili della devastazione di un pianeta e di una metà della popolazione mondiale che soffre la fame e dell’altra metà che sgambetta dalla mattina alla sera in lavori orribili e per lo più prive di senso per cercare di sopravvivere. Eh no cara Helena. Non c’è proprio nessuna buona fede.

La Monsanto sconfitta?

COMUNICATO EQUIVITA
EQUIVITA, Comitato Scientifico Antivivisezionista

La Monsanto sconfitta?
(tutto da vedere)

Il Comitato Scientifico EQUIVITA, che da 30 anni segue la storia degli OGM e dei brevetti sul vivente in Europa, ritiene necessario prender le distanze dalla cronaca di oggi e fare una valutazione più approfondita della notizia uscita di recente: “La Monsanto rinuncia agli Ogm in Europa”

1) Tre sole sono attualmente le varietà di Ogm autorizzate alla coltivazione in Europa (assai poco diffuse: due varietà di mais per animali e una di tabacco), ma la Commissione europea, terminata pochi anni fa la lunga moratoria impostale dai cittadini europei, ha optato nuovamente per una politica di apertura agli Ogm, concedendo in cambio agli Stati membri la facoltà di opporvisi singolarmente…

2) Dopo un periodo travagliato durato fino ad oggi, in cui l’Italia (come vari altri Stati membri) aveva delegato la decisione sulle autorizzazioni alle singole regioni, l’Italia ha di recente stabilito (con mozione votata all’unanimità in Senato) per la richiesta della clausola di Salvaguardia, sancita dalla direttiva del 2001/18 (art.26 bis), che vieta la coltivazione di OGM su tutto il territorio nazionale, sulla base di rischi documentati per la salute e l’ambiente. Se l’Italia, che in tal modo si allinea con un numero importante di altri Stati membri, saprà portare a termine questo impegno, la nostra produzione alimentare, tanto apprezzata in ogni parte del mondo, sarà stata salvata e le colture transgeniche non vedranno la luce e avremo conservato la nostra sovranità alimentare.

3) L’attuale decisione della Monsanto, che dichiara di non voler “espandere” le sue colture geneticamente modificate in gran parte dell’Europa è dunque un semplice prendere atto di una situazione di fatto: i suoi progetti sono falliti, le colossali cifre investite non solo nei brevetti, ma anche nell’incessante lavoro di lobby svolto fino ad ora (di cui l’azienda stessa nel suo comunicato fornisce testimonianza) non sono state un investimento di successo.

4) La Monsanto tuttavia non fa cenno alle 65 varietà di OGM di cui è consentita in Europa l’importazione (di queste ben 30 resistenti al glufosinate, erbicida che la Commissione europea ha messo nella Lista rossa, tra i pesticidi più pericolosi e 23 resistenti al glifosate, erbicida che anch’esso è tossico per l’uomo, come ha dimostrato Seralini con i suoi studi sulle cellule umane). Questi prodotti creeranno sempre, pur se coltivati in altri continenti, gravi danni alla biodiversità, all’ambiente, alle economie locali, alla sovranità alimentare, e alla salute umana, soprattutto con la diffusione dell’inquinamento chimico (ricordiamo che le coltivazioni Ogm aumentano di 4 volte il consumo dei pesticidi, anche secondo lo studio IAASTD, commissionato dall’ONU a 400 scienziati indipendenti).

5) Ma la cosa più grave (e sempre taciuta) è quanto avviene oggi all’Ufficio Europeo dei Brevetti di Monaco di Baviera.
Se prima rifiutavamo di accettare i brevetti sugli OGM, in quanto, con il pretesto di una modifica genetica introdotta, privatizzano la materia vivente, oggi restiamo sbigottiti davanti ad un’azione di gran lunga più illegale.
Oggi i brevetti rilasciati dall’EPO alla Monsanto non sono più, in grande parte, su organismi geneticamente modificati (come previsto dalla direttiva 98/44), ma su piante o animali riprodotti con metodi convenzionali (senza modifica genetica). Oggi la sfida della Monsanto va ben oltre. Ne deduciamo che se essa ci assicura di voler rinunciare a qualche Ogm, vuol dire che entro poco sostituirà il mercato degli Ogm con quello dei prodotti convenzionali … coperti da nuovissimi brevetti.

Se noi non ci affrettiamo a fermarli con nuove e più assennate leggi, i nuovi “padroni del mondo” privatizzeranno e controlleranno ogni nostra fonte di vita.

EQUIVITA, Comitato Scientifico Antivivisezionista,
Via P.A. Micheli 62, 00197, Roma – equivita@equivita.it

www.disinformazione.it

Nocività delle onde wifi

Un gruppo di cinque giovani studentesse della scuola danese di Hjallerup ha condotto un esperimento sui semi di crescione.
Queste studentesse erano interessate a determinare se le onde wifi influenzato o meno lo sviluppo di alcune piante.
I risultati sono impressionanti.

Per 12 giorni, hanno studiato dei semi di crescione.
Il primo gruppo di semi è stato esposto a microonde wireless, il secondo invece è stato isolato da qualsiasi radiazione.
Risultato: i semi esposti alle radiazioni hanno appena germogliato e alcuni sono persino mutati, mentre quelli non esposti alle radiazioni, si sono sviluppati senza problemi (come mostrato nelle due foto qui sotto).

Questi giovani studenti hanno preparato la loro esperienza, disponendo i loro semi in 12 piatti, in due stanze separate, la prima esposta a onde di un router standard 802.11g WiFi IEEE, la seconda invece isolata. Illuminazione e irrigazione sono state identiche per tutti.
L’idea di questo esperimento è venuto per la difficoltà di concentrazione in classe.

Uno di questi ragazzi spiega: “Abbiamo pensato che la difficoltà di concentrazione e talvolta insonnia a scuola, derivasse dal fatto che avevamo dormito con i nostri telefoni cellulari accanto alla testa“. Da questa osservazione, hanno elaborato l’esperimento che mostra l’effetto delle onde . Aggiunge infine che “è davvero spaventoso osservare un simile effetto e siamo rimasti veramente colpiti da tali risultati

Questo esperimento semplice e geniale ha sùbito attirato l’attenzione degli esperti di onde elettromagnetiche. Alcuni seri ricercatori nel Regno Unito, Svezia e Paesi Bassi hanno mostrato interesse per il progetto. Alcuni hanno deciso di ripetere l’esperimento nei loro laboratori.
Il prof. Olle Johansson del Karolinska Institute di Stoccolma ha detto: “nei limiti delle loro competenze, le ragazze hanno sviluppato e documentato un lavoro di grande eleganza. La ricchezza dei dettagli e la precisione è esemplare, la scelta di crescione è stata molto intelligente

Alla fine, gli studenti hanno ricevuto il premio “Giovani Ricercatori”.
Forti delle conclusioni del loro esperimento, hanno deciso di togliere i telefoni cellulari dalle loro stanze, e spegnere i loro computer prima di coricarsi.

In tutto il mondo il wifi sta diventando sempre più comune, potente e veloce.
Recentemente, la Samsung ha battuto un record di velocità ottenendo una connessione di rete wireless dalla velocità di 40 Gb/s. Con tale velocità si è in grado di trasferire 10 filmati HD in un secondo.

Un grazie sincero agli studenti danesi ma non era necessario il loro esperimento. Bastava il buon senso. E’ che purtroppo nel mondo contemporaneo in cui tutto vale solo se “scientifico” e solo se pasa per bocca degli “esperti”, il caro vecchio buon senso (grazie al quale siamo andati avanti e anche bene per lunghissimo tempo prima che arrivasse la modernità con tutti i suoi ammeniccoli a romperci i coglioni e distruggerci la vita) non c’è più. La scienza e l’economia se lo sono mangiati. E noi gliel’abbiamo lasciato fare.

http://www.bioalaune.com/fr/actualite-bio/7345/nocivite-des-ondes-wifi-remise-en-question-des-etudiantes-danoises

LA NOSTRA VITA E QUELLA DI CHI CI GOVERNA

In tempi di democrazia totalitaria globale (che è il volto vero della globalizzazione) è evidente, e lo è alla prova dei fatti e non di vaghe ipotesi complottiste, che nessuno Stato è più padrone di fare ciò che ritiene giusto. Bisogna piegare la testa alla dittatura (sempre democratica s’intende) delle banche centrali e delle multinazionali in virtù di trattati politici ed economici “liberamente” (si fa per dire) sottoscritti.

Milioni per non dire miliardi di cittadini pagano quotidianamente questa situazione con il loro lavoro, i loro sacrifici, e soprattutto la perdita della libertà di farsi i cazzi propri e di vivere come più gli aggrada. Come tutto questo, dicevamo, sia potuto accadere, non è dato intendere. Ma forse sì. C’e una straordinaria campagna di lavaggio del cervello, opprimente ed incessante, 24/24, che si insinua nei meandri e negli anfratti più reconditi della nostra esistenza non solo attraverso la disinformazione ed i media (tutti, indistintamente) al servizio del potere fino a creare una realtà che non esiste. Nella dittatura democratica tutto viene fatto per il nostro bene, basta ovviamente che noi ci si comporti altrettanto bene. In fondo basta  lavorare tutto il giorno, pagare le tasse, turarsi il naso di fronte alle truffe e alla corruzione, bere Coca Cola, mangiare McDonald’s, lobomotizzarsi il cervello con le idiozie sparate 24/24 da tv, giornali e anche internet (perché passare del tempo su internet significa avere quella forma mentis che rende accettabile il passare parte della nostra vita, o almeno una parte consistente di essa, davanti ad uno schermo).

Nel frattempo il totalitarismo democratico procede a passo spedito verso la dittatura mondiale del governo unico, della tecnologia RFID e compagnia bella, e anche se noi avvertiamo, in qualche rimasuglio di umanità autentica rimasto dentro di noi, che in fondo in fondo c’è qualcosa che non va, che non ce la raccontano giusta, preferiamo non pensarci e attendere la liberazione definitiva dalle ingiustizie e dalle violenze (che la politica, con le sue forze armate, ci promette), dalle malattie (che la medicina ci promette), dalla povertà (che l’economia ci promette); basta avere fiducia e pazienza e l’Happy End (che Hollywood ci promette) prima o poi arriverà.

Diciamocelo chiaramente: la vita che viviamo non è reale. Non c’è il tempo per stare nella natura, per guardare il cielo, per relazionarsi con gli altri. Corriamo tutto il giorno non si sa per cosa, ci ammazziamo per un parcheggio al supermercato, ingurgitiamo pillole su pillole per dimagrire, metter su muscoli, essere più abbronzati (o appena scoperto che c’è anche la pillola abbronzante), essere più performanti (che è uno di quei termini moderni che rivelano l’intrinseca idiozia del mondo che viviamo). Questa vita non è un inferno ma molto peggio, perché ti incatena senza catene, ti tiene schiavo quando in realtà ognuno di noi potrebbe alzarsi e decidere di andarsene da qualche altra parte e vivere diversamente. Non è che non lo facciamo perché non abbiamo soldi (di soldi non c’è nessun bisogno se si vuole cambiar vita, anzi. I soldi ti bloccano nel cambiar vita perché hai paura di perderli). La realtà è che non lo facciamo per paura ma invece di affrontare questa paure (queste paure) ci inventiamo ogni genere di palliativi per provare a lenire quel bruciante dolore che vivere in questo sistema, in questo mondo irreale, ci procura. E ci inventiamo di tutto: ambizioni di carriera e successo, religioni monoteiste e non, guru, improbabili tecniche meditative salvifiche, corsi per “gestire lo stress”, entusiasmi drogati per lo sport, shopping compulsivo, droghe, stordimenti e sballi di ogni genere e chi più ne ha più ne metta. Basterebbe tornare indietro, fare dei passi al contrario, uscire dall’autostrada e prendere il sentiero impervio di montagna, dove si fatica, si va piano e forse si può anche cadere nel burrone, ma in compenso nessuno ti corre dietro, ti puoi fermare a bere alla fonte dell’acqua pura e anche a guardare il tramonto o ascoltare gli uccelli che cantano se ne hai voglia.

Indubbiamente i poteri forti ci condizionano la vita, nessun dubbio su questo, ma ciò accade anche, almeno in larghissima misura, perché glielo lasciamo fare. Questi poveretti che ci dominano la Vita e che ce la rendono un inferno vivono male prima di noi: non giocano, non ballano, non ridono, non scherzano, non si aiutano, in una parola non vivono. Basta guardarli, grigi come il mondo che hanno costruito, per capire che vivono male, per capire che sono dei poveretti che hanno sprecato un’esistenza a maneggiare, controllare, dominare, sfruttare, e se la sono buttata via, questa esistenza invece, più semplicemente ed umanamente, di viverla. Questa cosa la dobbiamo capire: chi ci sta rubando la vita ancor prima che a noi la sta rubando a se stesso, perché invece di vivere pensa a dominare, controllare, arricchirsi,  espandere il proprio potere. Ma non basta mai perché si può sempre dominare di più, controllare di più, arricchirsi di più, avere più potere. Senza fine, senza limiti in una rincorsa perenne a qualcosa che non esiste perché la felicità e la gioia nella vita non sono date dal potere o dalla ricchezza ma semmai dalla capacità che abbiamo di viverne senza.

Tra noi e loro c’è una differenza e non di poco conto che gioca a nostro favore. Noi abbiamo la possibilità, decidendo adesso, di decidere di cambiare vita, il che non significa trasferirsi in Australia o alle Hawaii o vincere all’enalotto, bensì di iniziare a vedere il mondo e la vita con occhi diversi e da lì iniziare un percorso di liberazione da tutte le zavorre materiali ma soprattutto mentali che ci appesantiscono la vita e non ce la fanno vivere. Reinventarsi una vita fatta di relazioni umane e non di competizione, di tempo “liberato” e non di tempo libero, di pace e non di guerra. Loro no, i poveracci che dominano il mondo sono chiusi dentro schemi mentali che schiavizzano loro quanto e più di noi, per il semplice fatto che non riescono a liberarsene. La loro vita è quella fino alla morte. Berlusconi, e c’è di ben peggio di lui, ne è la prova vivente. Schiavo di se stesso, del suo ruolo o dei suoi ruoli, morirà vecchio di età dopo aver passato tutti i giorni della sua vita a fare le stese cose, a pensare sempre uguale, a dire sempre le solite bugie. Senza nessuno scatto, sempre uguale a se stesso. E per gli altri vale uguale.

E allora il mio consiglio è questo. Non pensiamo a risolvere i problemi del mondo. Non siamo fatti per quello. Non siamo fatti per cambiare il mondo ma solo noi stessi. E quello vi assicuro si può fare, decidendolo da subito, possibilmente adesso e alzandosi domattina e iniziando a vedere la Vita, la moglie, i figli, gli amici, i colleghi di lavoro, il cielo e il sole e gli alberi con occhi diversi. Pensiamo a cambiare noi stessi e chissà mai che una somma di individui che si liberano dalle schiavitù di questo mondo, alla fine non riesca anche a cambiare il mondo. La mia strada è quella di tornare a vivere di più nella Natura e a quella natura che è dentro di noi, di tornare a vivere con ritmi umani, tornare ad essere impegnati in attività umane sensate, ad avere relazioni umane fatte di serenità e mutuo aiuto. E siccome la vita è oggi e non in un ipotetico futuro che arretra costantemente mano a mano che noi andiamo avanti, direi che è bene cominciare adesso, qui ed ora. E questo alla faccia di chi la Vita ce la vuol rubare senza nemmeno capire che nel frattempo, a perder tempo a rubare la nostra, non si vive nemmeno la sua. E’ questa la Vita che vivono i poveracci che dominano il mondo.

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