“KEYSTONE PIPELINE” – Pubblicato su “Aam Terra Nuova” Febbraio 2012

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KEYSTONE PIPELINE: TRA PETROLIO E AMBIENTE, AGRICOLTORI E INDIANI

Un nuovo attacco portato all’ambiente, agli agricoltori e agli indiani nativi muove, come spesso accade, dalla sete di oro nero del mondo consumista. Il Keystone Pipeline (oleodotto Keystone) trasporta petrolio estratto dalle sabbie bituminose dal Canada alle raffinerie dell’Illinois e poiché al peggio non c’è mai fine, TransCanada, la corporation proprietaria dell’oleodotto, si sta adoperando per ottenere i permessi per il Keystone Pipeline XL, che collegandosi al gemello Keystone nel Nebraska, raggiungerebbe poi le raffinerie che si affacciano sul Golfo del Messico. Un continente tagliato da nord a sud dalla sete di petrolio così come la ferrovia lo tagliò da est ad ovest centocinquanta anni fa per sete di oro e territorio.

I DANNI POTENZIALI

La più grande paura è che l’oleodotto, in caso di perdite, possa inquinare l’aria, i corsi d’acqua e soprattutto il bacino acquifero dell’Ogallala, una delle riserve d’acqua dolce più grandi al mondo, anche in considerazione del fatto che in alcuni tratti esso attraversa zone ad alto rischio sismico. In aggiunta alle preoccupazioni ambientali ci sono quelle economiche degli agricoltori, i quali hanno stimato una potenziale perdita di oltre 20 miliardi di dollari per Stati che sono considerati il granaio d’America. Voci pressanti ipotizzano inoltre che il Keystone stia trasportando “un misto fortemente acido, corrosivo e potenzialmente instabile, di bitume diluito e gas naturale volatile condensato”, anziché petrolio già “liberato”.

I  DANNI CERTI

Oltre ai danni potenziali ci sono anche danni certi in quanto già in essere: in primis un enorme consumo di acqua dolce, che miscelata agli agenti chimici necessari per “spremere” il petrolio dalle sabbie bituminose genera la formazione di veri e propri laghi di rifiuti tossici (i cosiddetti tailing ponds) che uccidono qualsiasi forma di vita presente. A monte dell’intero processo si colloca poi la distruzione delle foreste boreali e delle paludi sotto le quali si trovano le sabbie bituminose (le famigerate tar sands, la cui estrazione comporta da tre a cinque volte più emissioni di gas serra rispetto al petrolio convenzionale), distruzione che da un lato contribuisce al rilascio di gas climalteranti intrappolati e dall’altro priva il pianeta di preziosi ecosistemi in grado di catturarne di nuovi.

CHI VINCERA’?

Nel Dicembre 2010 è partita la campagna “No alle sabbie bituminose” con l’intento dichiarato di mettere pressione al Presidente Obama per non concedere i permessi per il Keystone XL. E non hanno neppure nessuna voglia di arrendersi numerosi residenti degli Stati interessati. “Se non facciamo qualcosa adesso, saremo “sposati” a questo oleodotto per I prossimi decenni”, ha detto Rick Hauffe della National Wildlife Foundation. Ma nonostante l’opposizione montante sembra che anche il Keystone Pipeline XL si farà; con il nulla osta dei Repubblicani e del Segretario di Stato Hillary Clinton, ed in barba al riscaldamento globale, alle comprensibili preoccupazioni economiche degli agricoltori ed anche alle esigenze spirituali degli indiani nativi che quelle terre per loro sacre abitano da sempre.

I nativi americani: un grande popolo cacciato prima dalla ferrovia e ora dal petrolio; o meglio dalla sete  di profitto. Ma alla fine avranno ragione loro: “solo quando avrai tagliato l’ultimo albero, avvelenato l’ultimo fiume, pescato l’ultimo pesce, solo allora uomo bianco, capirai che il denaro non si mangia”.

 

 

SULLA RETE (in lingua inglese): http://www.transcanada.com/keystone.html oppure digitare “oleodotto keystone” su Google

LETTURE CONSIGLIATE: “Ritorno al passato. La fine dell’era del petrolio e il futuro che ci attende” Andrea Bizzocchi-James H. Kunstler (Ed. della Decrescita Felice)

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