DIETRO LE QUINTE DI BIG DATA: IL PIÙ GRANDE NEMICO DELL’UMANITÀ

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Dietro le Quinte di Big Data
Nel nuovo libro Dietro le Quinte (Bizzocchi, Pamio, Perucchietti, in uscita a Novembre per Uno Editori) uno dei temi più importanti e a cui dedichiamo adeguata attenzione è una delle forme di potere e controllo delle masse più subdole ed invasive, quella che va sotto il nome di Big Data. Il termine è di recentissimo conio (2014) e in ogni caso non viene mai troppo utilizzato dai media mainstream. Scrivo questo perché quando di una cosa che ha ricadute enormi sulle nostre vite, non si parla, o si parla poco, occorre subito pensar male. Se dunque non si fa pubblicità alla cosa con tutta probabilità vi sono dei motivi validi. Vediamo quali.


Il Sistema che controlla il pianeta
Partiamo anzitutto dall’osservazione che il “Sistema” che nel suo insieme ci controlla è un essere proteiforme e mutante. In realtà è più che mutante, è continuamente mutante, cosicché risulta estremamente difficile, quantomeno per la persona media, coglierne le mille sfaccettature e conseguenti pericolosità.
Noi oggi viviamo in una società globalizzata che misura tutto in termini di flusso di informazioni e Big Data rappresenta esattamente questo: la raccolta in presa diretta e senza sosta di tutti i dati che disseminiamo costantemente dietro di noi quando navighiamo, telefoniamo, mandiamo email, usiamo whatsapp, pubblichiamo post, foto, commenti, acquistiamo con le carte di credito, ci registriamo in qualche sito e così via.

 

Chi raccoglie i Big Data?

Tutti questi dati vengono tracciati e raccolti. Ma chi è che li raccoglie?
Perlopiù i megacolossi del web conosciuti anche come The Big Four (Amazon, Facebook, Google, Apple) e poi Uber, AirBnB e così via. Tutti questi dati vengono raccolti, catalogati, interpretati e infine, ovviamente, utilizzati. Big Data costruisce così, in tempo reale, un enorme data base che fornisce un quadro precisissimo del profilo psicologico, emozionale, sociale di tutti noi. I servizi che queste aziende ci offrono sono in stragrande maggioranza gratuiti ma è facilmente intuibile che se il servizio è gratuito allora la merce siamo noi, o, meglio ancora, la nostra anima.

La profilazione dell’individuo
Questa raccolta ed elaborazione di dati e la creazione del profilo di ognuno di noi si chiama appunto profilazione, un altro termine che solo recentemente è entrato a far parte del vocabolario comune. Lo si sente usare ma pochi sanno cosa significa veramente. La profilazione non è altro che la raccolta ed elaborazione di tutti i dati raccolti su ogni singolo individuo ed il loro utilizzo, almeno in prima battuta, è per scopi puramente commerciali.
Grazie alla profilazione una azienda può procedere dunque con un marketing mirato. Potremmo anzi ben dire che la profilazione è lo strumento principe del marketing mirato.
Anche se l’accaparramento di questi dati e la loro elaborazione viene definito profiling, più correttamente lo dovremmo definire spionaggio. Provate a pensare che tutto ciò che fate, dite, scrivete, ecc., viene tracciato, registrato e conservato in un file a vostro nome in un qualche server sperduto chissà dove. Più che di realtà aumentata qui occorre parlare di libertà diminuita.

Il Data Mining
Come vengono profilati gli utenti? Attraverso il data mining, ovvero l’estrazione, tra tutti i dati raccolti, di quelle informazioni reputate di interesse grazie al lavoro continuo di algoritmi potentissimi (si stima che mediamente un algoritmo raddoppi la propria potenza di calcolo ed elaborazione ogni 18 mesi) che ci profilano come detto senza sosta e in tempo reale. Questi algoritmi, confrontando continuamente tutti i nostri dati, scartano ciò che secondo i loro parametri non conta, e traducono in profili efficaci (e vendibili) il nostro quadro.
Come scriviamo in Dietro Le Quinte, sembra che il maggior acquirente di profilazioni dai colossi del web è l’industria farmaceutica e questo dovrebbe davvero farci riflettere molto.
L’industria farmaceutica, ma così tutte le industrie, acquistano dunque dati per questioni commerciali, cioè per venderci qualcosa (merci o servizi che siano), ma occorre poi pensare che ci sono anche e soprattutto in ballo questioni di controllo sociale.

Controllo sociale delle masse, dittatura dolce e governo invisibile.
Già nel 1928 Edward Bernays, il nipote di Freud, universalmente riconosciuto come il fondatore
delle Relazioni Pubbliche e padre degli attuali spin doctors, scriveva nel suo testo fondamentale Propaganda che, “nella società democratica le opinioni, le abitudini e le scelte delle masse vengono indirizzate da un «potere invisibile che dirige veramente il Paese» (si riferiva agli Stati Uniti ovviamente).
Bernays dunque, quasi 100 anni fa e con tecniche limitatissime se paragonate a quelle odierne, aveva già indicato chiaramente come tutti noi viviamo in una sorta di dittatura democratica in cui la gente, immersa nella propaganda sin dalla nascita, viene costantemente manipolata ed eterodiretta, ed in definitiva spiata e controllata.
Il dramma, rispetto ai tempi di Bernays, è che lo sviluppo tecnologico, con l’esplosione che ha conosciuto anche solo negli ultimi dieci anni (cioè dall’avvento degli smart-phone per essere chiari), permette oggi una tracciatura, ovvero un controllo, costante e infallibile. Di tutti noi. Per di più lo fa con il nostro tacito benestare.

 

Smart-Phone: uno strumento di spionaggio

Per capire le cose, soprattutto nel mondo-Matrix che abitiamo, occorre sempre fare lo sforzo di pensare al contrario. Nel nostro caso occorre dunque operare un ribaltamento di concetto per capire che cosa è e cosa rappresenta davvero un banale (ma non innocuo) smart-phone, strumento che secondo alcune stime ha raggiunto, tra la popolazione italiana, una penetrazione pari all’incirca al 75%: e cioè un controllore invisibile e infallibile e non un allegro dispensatore di servizi perlopiù gratuiti che ci fanno divertire e/o ci rendono la vita più facile.
Gli smart-phone (ma anche tutto il resto) non sono oggetti creati per renderci la vita più piacevole e facile (semmai per distrarci, che è un’altra cosa) bensì per controllarci.

Le caratteristiche malefiche dello strumento di spionaggio chiamato smart-phone.
Mi concentro sullo smart-phone non in quanto intrinsecamente peggiore di altri strumenti di controllo e manipolazione delle masse, quanto perché riunisce in sé, in pochi centimetri quadrati, caratteristiche che vanno a determinare la situazione, che oserei definire panottica, in cui ci troviamo a vivere.

Che cos’è davvero uno smart-phone?

Vi invito dunque a riflettere su cosa è davvero uno smart-phone:
1) Uno strumento che si muove sempre con noi e registra tutto ciò che diciamo, scriviamo, ecc.
2) Uno strumento che è sempre acceso, e se non lo è, cioè quando è in stand-by, bippa di continuo per una nuova notifica (e come sapete c’è sempre una nuova notifica).
3) Uno strumento dotato di telecamere e microfoni che registrano (e filmano e fotografano) anche da spenti.
4) Uno strumento che teniamo sempre con noi e quindi, grazie al ricevitore gps che ha in dotazione, comunica continuamente dove siamo. Ma non basta. Si connette con tutti i telefoni nelle vicinanza e quindi sa anche (e comunica) con chi siamo in ogni momento.
5) Uno strumento personale, cioè legalmente intestato ad ognuno di noi (così come un automobile ad esempio). Ne consegue che tutto ciò che viene filmato, registrato, scritto, ecc., è attribuile a noi stessi. Con tutte le eventuali conseguenze del caso.
7) Uno strumento che funziona non con un normale software (come quelli del computer) ma con software definiti doppi.

 

Software doppio…
Cosa significa software doppio? Significa che da un lato è installato sul nostro telefono per espletare una determinata funzione o garantire un dato servizio, ma al tempo stesso lo è anche (installato) nel server del fornitore del servizio in questione. Perché sono anche nel server del fornitore del servizio? Perché in tal modo tutti i dati captati su di noi (spese, opinioni, conversazioni, abitudini, gusti di vario genere, ecc.) possono essere trasmessi, recepiti, elaborati, profilati. Siamo tornati a Big Data. Se pensiamo che gli smart-phone sono praticamente sempre accesi (lo sono anche quando sono spenti), ecco che questi fanno il lavoro per cui sono stati concepiti (strumento di spionaggio) 24 ore al giorno. Mi viene da sorridere quando sento qualcuno dire il mio telefono. Lo strumento sarà anche il tuo perché lo hai pagato (magari indebitandoti, ma i dati, che rappresentano il vero valore del telefono non sono certamente i tuoi. Come si dice, cornuto e mazziato.

Infine ci sarebbe da aggiungere che attraverso la teoria della gradualità noi abbiamo passo passo accettato tutto questo senza batter ciglio (anzi, perlopiù con entusiasmo) e con ciò abbiamo totalmente interiorizzato di cedere la nostra privacy (è ovvio che non c’è sia mai stata nessuna privacy a proteggerci). Il tutto senza renderci minimamente conto delle conseguenze di questo processo.

Big Data (e gli strumenti che utilizza) sono il primo nemico dell’umanità
Arrivati a questo punto spero sia sufficientemente chiaro ciò che Big Data rappresenta veramente:
e cioè in prima battuta un enorme pericolo sociale visto l’enorme mole di dati di cui è in possesso e che utilizza non solo per scopi commerciali ma anche di controllo sociale (per proteggerci dal terrorismo magari. Sic!). Ma è anche un pericolo economico perché cannibalizza sempre più l’economia reale di servizi e merci (Amazon ha dichiarato già qualche anno fa l’obiettivo di diventare l’unico negozio al mondo online e non), di conseguenza rappresenta un pericolo da un punto di vista del lavoro (l’industria di Big Data fa scomparire lavori a vista d’occhio. Non c’è nemmeno bisogno delle statistiche per capirlo) e infine, last but not least, un pericolo ambientale, visto che tutto questo “traffico”, direttamente o indirettamente, serve in prima battuta a promuovere un consumismo sempre più becero, quindi fine a se stesso e in definitiva del tutto inutile, ma dalle conseguenze ambientali enormi in termini di inquinamento ed esaurimento delle risorse (con buona pace di Greta Thunberg e dei suoi sostenitori).

Dichiaro dunque Big Data, nelle sue molteplici e multiformi espressioni, il primo e più grande nemico dell’umanità.

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