“Napolitano al Colle, Letta premier. E adesso?”

Le “sorprese” (o “non sorprese”) non vengono mai sole. Ri-eletto Napolitano, adesso alla carica di premier sale Enrico Letta. Per i cittadini italiani nulla cambia però. Monti (presidente della Trilaterale europea, membro Bilderberg, ex advisor Goldman-Sachs) sarà dunque sostituito da Letta (membro di Aspen Institute e Commissione Trilaterale, nonché ospite fisso delle riunioni Bilderberg). Insomma, la linea dura di smembramento dell’Italia portato avanti dai “poteri forti” della finanza mondiale e dagli nteressi tedeschi, prosegue senza sussulti né intralci. Il vero vincitore delle elezioni di febbraio, Grillo e il suo movimento, almeno per il momento, messi in un angolo non da un tipico inciucio nostrano, come quelli a cui eravamo abituati, ma da un vero e proprio atto di forza sullo stile di quello messo in atto in Grecia, che difatti si trova in una situazione peggiore della nostra. In Grecia però, poiché gli ellenici hanno ancora del sangue che gli scorre nelle vene, si sono ribellati alle famose misure di austerity imposte dalla troika (Ue, Bce, Fmi) del novembre 2011 e si sono ritrovati pestati dalle forze mercenarie dell’Eurogendfor (l’esercito della Ue, cioè l’esercito dei banchieri che vi stanno dietro). C’è da sperare che questo non succeda in Italia, ma della cosa non dovremmo rallegrarci comunque perché i casi sono due:

1)    Gli Italiani, che ad oggi stanno mediamente ancora bene (e questo per una serie di motivi tra cui il fatto che stanno vivendo di ricchezze ed accumuli di ricchezze delle generazioni precedenti),  ancora non sono scesi in piazza armati di bastoni come sarebbe giusto, per mandare a casa i politici che ci hanno portati fin qui, e che visto Napolitano al Colle e Letta primo ministro, ci porteranno al passo successivo: cioè al proseguimento e perseguimento della linea dei “poteri forti”, cioè alla definitiva “schiavitù” e miseria. A quel punto che succederà? Succederà che se scenderemo in campo appunto armati di bastoni, i mercenari Eurogendfor verranno mandati anche da noi. Prospettiva poco piacevole ovviamente.

2)    L’altra possibilità è invece che gli italiani siano talmente “pecore” da lasciarsi tosare docilmente e a quel punto saremo schiavi senza colpo ferire. La sola consolazione è che ci evitiamo le botte e peggio, ma non è questo motivo di giubilo eccessivo credo.

C’è in realtà una terza via, alla quale accenno brevemente nel capitolo conclusivo di “Pecore da tosare” e della quale mi riservo di scrivere in maniera più diffusa a breve, e che passa attraverso quella che chiamo “rivoluzione interiore”. Questa “rivoluzione” non ha nulla a che vedere con le due possibilità di cui sopra ed è anzi situata in posizione diametralmente opposta ad esse. Si tratta essenzialmente di un “lavoro” da fare su noi stessi per allontanarci da quella “materialità” e da quelle paure che ad essa ci legano e che sono in realtà la causa prima dello stato di schiavitù in cui versiamo. E’ essenzialmente un cammino molto personale che per molti versi si avvicina a visioni del mondo e della vita molto simili a quelle di derivazione orientale.

E’ questo un cammino possibile e praticabile sin da subito ma che necessità di una grandissima volontà per rimettere in discussione schemi di pensiero ai quali siamo abituati sin da piccoli e che respiriamo quotidianamente. Non è facile e tantomeno è, e lo scrivo con tristezza, un cammino per le masse. Le quali masse devono però anche fare lo sforzo di volersi togliere da quella condizione che li imprigiona. E’ un cammino che però ha moltissimi upsides, soprattutto quello di dare un senso alla vita. Come già scritto sopra mi riservo di scriverne in maniera più diffusa prossimamente. Nel frattempo e come sempre, buon cammino.

 

MidWayfilm – DA VEDERE

Cari amici,
vi invito a cliccare sul bottone “LEGGI TUTTO” per 3.54 minuti di visione cruda e dura da digerire ma indispensabile. Quando compiamo scelte, cioè in ogni attimo delle nostre vite, dobbiamo anche avere il coraggio di accettarne le conseguenze. Questo video ne mostra una tra tante. Aggiungo che qualunque nostra scelta, per un verso o per l’altro, fa sempre la differenza. Non possiamo cambiare il mondo ma possiamo cercare di cambiare le nostre vite , e forse, partendo da lì, cambiamo anche un pezzettino di mondo. Io mi sforzo di partire da lì, mi sforzo di partire da me. Con fiducia ed un sorriso. Andrea
Continua a leggere

“Superare l’ideologia del dominio” Pubblicato su “www.bioveganblog.it

SUPERARE L’IDEOLOGIA DEL DOMINIO

Non me ne abbiano gli amici animalisti/vegani/antispecisti, ma anche loro devono fare lo sforzo di capire che le categorie a cui con comprensibile orgoglio sentono di appartenere sono categorie di derivazione antropocentrica. Sono cioè nate come risposta ad un orribile sfruttamento animale che deriva da una visione del mondo in cui l’umano si pone al centro. L’animalista, il vegano, l’antispecista, rifiutano giustamente questa visione, una divisione che poggia le sue basi su una separazione (quella tra  umani e animali) del tutto priva di senso logico ed indifendibile anche da un punto di vista filosofico. Succede però che essi ripropongono la stessa divisione tra umani e animali (questa volta al contrario e comunque giustificati dal fatto che la operano in difesa degli animali) e soprattutto tra viventi animali e viventi non animali (le specie vegetali) e ancor più con quelli che considera non viventi (un lago, un albero, una montagna). Rimangono cioè essenzialmente all’interno di una logica dualistica che non ha ragione di essere; una dicotomia ed una contrapposizione che non esistono in Natura. Se l’umano considera tutto in funzione dell’essere umano, l’antispecista considera tutto in difesa delle specie animali. Rimane, al fondo, un atteggiamento di separazione e divisione.

Con piena ragione gli antispecisti rifiutano l’ideologia di dominio che la specie umana esercita su tutte le altre. A mio modo di vedere è necessario fare un passo oltre per capire che il problema non è tanto (o solo) il dominio dell’umano sulle altre specie animali, quanto l’ideologia del dominio in sé. E’ infatti questa che ha portato allo sfruttamento e alla mercificazione, non solo animale ma del pianeta stesso. La questione quindi non è tanto non sottomettere e non sfruttare gli animali quanto non sottomettere e non sfruttare. Con l’avvento della civiltà abbiamo iniziato sottomettendo e sfruttando la terra (agricoltura), poi gli animali (allevamento), poi le donne (società patriarcale) e poi noi stessi umani (dalla schiavitù in catene a quella delle fabbriche e della vita moderna). Ed ognuna di esse è una conseguenza logica ed inevitabile dell’altra. E’ come scandalizzarsi della bomba atomica dopo aver inventato la polvere da sparo. E’ un certo tipo di mentalità che ha inventato la polvere da sparo e i primi archibugi e da lì, passo dopo passo, siamo arrivati all’atomica. Stesso discorso vale per l’ideologia del dominio, dello sfruttamento, della superiorità.

Il fatto che noi umani siamo diversi non significa affatto che siamo superiori ma semplicemente che ci relazioniamo diversamente con la Vita. Il problema dunque è la mentalità con cui “viviamo”, tutto il resto, incluso l’orrore dello sfruttamento animale, una conseguenza di questa mentalità. Questo approccio, profondamente connaturato alla nostra cultura, si propone dunque di salvare gli animali “perché soffrono”, o perché “anche loro hanno diritti”. Tutto giustissimo evidentemente. Ma se accettiamo una mentalità del dominio di qualcuno su qualcun altro che non sia animale (specie vegetali) o su qualcosa (il lago, l’albero, la montagna), dobbiamo allora anche accettare il dominio sugli animali. Non si può considerare un albero una risorsa e scandalizzarsi se qualcun altro considera risorsa una mucca. Il problema è un certo tipo di mentalità che porta ad una visione mercificata della Vita, la qual cosa porta a considerare tutto risorsa e ne giustifica lo sfruttamento in quanto tale. Questo è così vero che, con coerenza estrema, l’essere umano è arrivato a considerare risorsa anche se stesso: ci autodefiniamo infatti “risorse umane” e non proviamo neppure nessun orrore.

Una visione diversa, naturale, e profondamente rispettosa dell’ambiente che ci dà la Vita (ambiente del quale fanno parte anche gli animali e dunque rispettosa anche di essi) parte invece da presupposti diversi. E’ quella visione appartenente ai popoli nativi ed essa dà valore a qualunque entità naturale, vivente e non, che ha dunque pari diritto ad una sua qualche forma di vita, ad una sua qualche forma di “realizzazione”. E’ una visione a sfondo panteista e riconosce pari valore a tutto ciò che fa parte della Vita (umani, animali, un albero, un fiume, il vento). Questa visione non solo non contrappone gli umani agli altri viventi animali ma non vede contrapposizione e basta. Prevede cioè una integrazione olistica (fisica e spirituale) di tutto ciò che è parte del grande albero della Vita. E’ una visione del mondo a sfondo ecocentrico e non antropocentrico, e in quell’ecocentrico rientrano tutti e tutto senza nessuna distinzione da operare (tra viventi, e/o tra viventi e non viventi). La visione animalista classica, ancorché degna di merito se non altro per le buone intenzioni che la muovono, non va invece ad intaccare il problema di fondo: e cioè quello della “separazione” in sé. E quando inizi a “separare” è facile passare da una visione ecocentrica (in cui tutti e tutto hanno un posto) ad una antropocentrica ad una egocentrica senza neppure rendersene conto.

In definitiva il dramma degli animali, dramma che abbiamo a cuore e che vogliamo evitare o perlomeno ridurre il più possibile, è inevitabile con le premesse culturali dell’Occidente e adoperarsi per “difenderli”, rimanendo sempre all’interno dello stesso paradigma di pensiero, non può, a mio avviso, portare a nessun risultato profondamente efficace (il che, non creiamo fraintendimenti, non significa che non sia giusto e doveroso comunque adoperarsi in tal senso).

In questa ottica credo che l’azione più opportuna ed utile (oltre ad impegnarsi nell’immediato per migliorare le condizioni di vita degli animali passando ad esempio a scelte alimentari quali quella vegana) sia adoperarsi perché un numero crescente di persone possa iniziare a mettere in dubbio idee che oggi vengono date per scontate (e cioè quella della sopraffazione, del dominio, dello sfruttamento) ma che in realtà non hanno alcun valore in sé ma che sono considerate ovvie solo perché di fatto imposte dalla cultura dominante. Da una visione diversa deriveranno comportamenti diversi e scelte diverse e forse potremo anche sperare in un cambio di paradigma che porti a qualcosa di migliore per tutti. Credo che i cambiamenti portati da questo cambio “filosofico” di visione della Vita siano meno appariscenti ma più efficaci. Il che, voglio sottolineare ancora, non significa non impegnarsi e “lottare” per migliorare le condizioni di vita degli animali anche secondo le modalità già in atto. Una integrazione delle due è probabilmente la cosa migliore.

 

1 32 33 34 35 36 43