Se l’economia reale (cioè la gente) perde, è sempre perché la finanza vince

Condividi!

 La finanza e l’economia reale sono due mondi a parte, lontanissimi tra loro anche se vengono fatti passare per attigui, quasi complementari, addirittura indispensabili l’uno all’altro. La finanza, di riffa o di raffa, non è altro che speculazione, mentre l’economia reale, almeno nella sua accezione più pura e idealistica, può fornire alcuni benefici agli esseri umani (in realtà non è così, ma userò questa linea di pensiero per portare avanti il discorso). Come chiunque in questi ultimi anni ha potuto osservare, l’una, cioè l’economia reale, paga per gli “errori” dell’altra, cioè la speculazione finanziaria. Cioè chi ha subito il danno deve provvedere a pagare per chi il danno lo ha causato, così che chi lo ha causato può continuare indisturbato a causarne altri.

Si pone però una domanda da un milione di dollari. Fatto 1 il valore dell’economia quello della finanza è pari circa a 20. Come può dunque l’economia reale (la gente) a pagare per gli “errori” della finanza? Non può. Questo “pagamento” è matematicamente impossibile visto che 1 non può pagare 20. “1” può rifinanziarsi attraverso gli interessi e così il debito globale (il debito di Stati, aziende, popolazioni) cresce. In qualche modo però l’economia reale (sempre la gente) “paga”. Paga infatti attraverso l’aumento di tasse, imposte, privatizzazioni, tagli sociali e via dicendo, cioè l’economia reale (sempre la stessa gente di cui sopra) si impoverisce progressivamente sempre più cedendo beni e  risorse alla finanza. Nei fatti la finanza domina dunque l’economia reale sovrapponendoglisi, condizionandola, dirigendola. Per farla breve, se andiamo alla radice della questione senza perderci in discorsi demagogici e alla fin fine fuorvianti, la finanza non è altro che uno strumento (tra i tanti) che le oligarchie finanziarie utilizzano per controllare risorse e popolazioni. La finanza, quando si arriva alla resa dei conti, non può che avvantaggiare pochi (pochi che sono sempre meno ma si arricchiscono sempre più) e svantaggiare molti (che proporzionalmente si impoveriscono sempre più).

Forse la gente comune non lo sa ma la finanza specula su tutto: sul grano, sull’acqua, sulle aziende sull’euro, sull’Italia, sulla Grecia, sui terremoti, sugli uragani e via dicendo. Più o meno funziona così. Dei commercianti che vendono il grano capiscono che i downsides della vendita al dettaglio (la merce va lavorata, trasportata, può andare a male, bisogna pagare i dipendenti, i margini sono ridotti ecc.) sono molti e per contro gli upsides molto pochi. Decidono dunque di non vendere più il grano ma di speculare sul grano. Prendono a vendere e a scambiarsi “foglietti” (vedi il libro “La favola della crisi”, autori Hernán Casciari e il sottoscritto, Ed. Enea, 2013) grazie ai quali vendono il grano sempre più velocemente, sempre più freneticamente, ma solo tra di loro. Il grano non viene  venduto davvero, rimane stivato in un qualche magazzino o in una qualche nave cisterna al largo di una qualche costa in attesa di un qualche ok per scaricarlo e portarlo ai supermercati, ok che però non arriva mai o quasi. La Fiat ad esempio, per chi non lo avesse ancora capito, non produce più automobili come fonte di guadagno diretto, bensì come mezzo per poi speculare sui prodotti finanziari grazie (si fa per dire) ai quali la gente compra l’auto a rate. Torniamo al grano.

I commercianti vendono solo una parte infinitesimale del grano che sarebbe a disposizione (il che, sia detto en passant, ne fa aumentare il prezzo). Il loro guadagno non deriverà dunque dalla vendita del grano bensì scommettendo (le scommesse, come qualunque scommessa, sono manipolate alla fonte) sul prezzo futuro del grano; salirà o scenderà? E’ questa la scommessa. Nel frattempo intere popolazioni muoiono di fame ma ai trader la cosa non interessa. Fanno il loro lavoro, così come coloro che lavoravano per Hitler nelle camere a gas facevano semplicemente il loro lavoro. Non entriamo nei dettagli ma al lettore basti sapere che ci sono una quantità infinita di “foglietti” a disposizione per chi vuole giocare a questo gioco. Anche la gente comune può farlo. Siamo pur sempre in democrazia.

La storia delle scommesse però non può andare avanti all’infinito. Alla fine il bubbone scoppia e il grano inizia ad andare a male e allora i commercianti si lamentano. Dicono: “il grano che dovevamo vendere è andato a male. Bisogna che qualcuno ci rimborsi”. Lo Stato chiede ai commercianti: “ma perché è andato a male? Perché non lo avete venduto?” I commercianti rispondono: “Ma chi vende più il grano?! Non avevamo nemmeno il tempo di venderlo, presi com’eravamo dal comprare e vendere “foglietti” (futures) sul prezzo futuro del grano. Oggi è così che si guadagna”. “Ah, bè, allora vi aiutiamo noi” conclude lo Stato. Lo Stato rimborsa così i commercianti per il grano andato a male facendo pagare coloro (la gente) che semplicemente voleva comprare un po’ di grano per farsi del pane in case o delle tagliatelle con un bel sugo di pomodoro.

Quando la finanza specula su un’azienda chi ci rimette sono i lavoratori di quell’azienda. Ma poiché questo vale letteralmente per tutto, in qualunque caso, sempre, chi paga il conto, chi ci rimette, direttamente o indirettamente, è sempre la gente. Il “pagamento” di questo conto non viene però generalmente neppure percepito da parte della gente comune e questo per tre motivi basilari: Il primo è che molti non sanno neppure che questo gioco (scommessa, truffa) esiste. Il secondo motivo è che pure coloro che sono a conoscenza del gioco non ne conoscono le regole. Il terzo e forse più definitivo motivo, sembrerà una semplificazione ma non lo è affatto, è anzi una realtà di una concretezza estrema, è che la gente deve pensare ad arrivare a fine mese (e già ci va bene. Da altre parti hanno il problema di arrivare a fine giornata) e ha comunque le sue beghe quotidiane con cui fare i conti.

Scrive l’ex trader pentito (e condannato, mentre la società per cui lavorava no, come se non fosse stata al corrente delle sue “malefatte”) Jerome Kiervel “ci sono dei prodotti che sono nelle banche che sfuggono completamente alla comprensione della gente e sono delle bombe a orologeria: i subprime 10 anni dopo hanno creato la crisi che conosciamo, e oggi in banca ci sono nuovi prodotti molto complessi che chiamiamostrutturati”. Come i “derivati climatici” fatti sulla temperatura (in pratica delle ‘scommesse’ sull’andamento del clima e della temperatura terrestre, ndr) che non sappiamo che cosa faranno tra 10 anni. Non è un caso isolato. Ce ne sono diversi. Oggi i bilanci delle banche non sono controllati, non sono leggibili, non sono comprensibili per i comuni mortali”.

Siccome credo che nessuna persona di buon senso ammetterebbe un meccanismo del genere, la conseguenza, sempre per le persone di buon senso, è che la finanza non dovrebbe esistere o che comunque come minimo non dovrebbe rompere i coglioni all’economia reale. Lo ripetiamo: la finanza è uno strumento, uno tra i tanti che le oligarchie finanziarie utilizzano per fare la guerra ai poveri (la gente, le popolazioni).

La finanza oggigiorno governa gli Stati al posto dei governi, quindi andare a votare non serve a nulla se non a rinforzare il meccanismo. Per aiutare il cittadino comune a capire (il cittadino comune è preso da tante beghe che non ha tempo per interessarsi di queste cose, anche se il tempo per seguire il programma idiota in tv o per cliccare che “gli piace” qualcosa su Facebook lo trova sempre), gli ricordiamo che nel 2008, quando molte banche stavano per fallire sono stati proprio i governi a salvarle perché “too big to fail”. Cioè le ha salvate l’economia reale, cioè la gente, con le tasse che paga, con le privatizzazioni, con i tagli sociali. Ma perché, si domanderà il cittadino comune, la politica è intervenuta a favore delle banche? Semplice, perché come spiega sempre Kiervel, “sono le banche che finanziano i debiti degli Stati”. A questo punto sempre il cittadino comune si domanderà perché mai gli Stati dovrebbero farsi finanziare dalle banche, cioè dal mercato, invece di finanziarsi da sé. E’ questo il grande mistero dei nostri giorni, se non fosse che in realtà non c’è nessun mistero. Il motivo si chiama “cessione della sovranità monetaria” da parte degli Stati. Si chiama anche signoraggio, alla faccia di chi sostiene che non esiste. Nel frattempo la gente deve fare sacrifici (le chiamano misure di austerity) per ridare fiducia ai mercati anche se ovviamente non ne capisce il perché. Ma la colpa di questa situazione, è della gente o della finanza? E se è della finanza, perché è la gente a dover pagare? Lo ripetiamo per la terza e ultima volta: perché la finanza è uno tra i tanti strumenti che le oligarchie finanziarie utilizzano per controllare il mondo (risorse e popolazioni). Tutto qua.

 

 

 

Condividi!